Il mio libro. Estate 98 polvere e sole prima parte

**"Tutto iniziò nel lontano 1998, un'estate indolente e piena di promesse, macchiata dal sapore amaro della perdita. Ricordo l'odore della terra secca e il suono del vento che faceva frusciare le foglie degli alberi. Il sole batteva forte sulla campagna, e la polvere si sollevava con ogni mio passo, attaccandosi ai piedi. Chiudevo gli occhi e immaginavo di essere ancora un ragazzino, seduto sulle ginocchia di mia nonna, mentre le sue mani mi scompigliavano i capelli. La sua assenza era un vuoto incolmabile, un buco nero che risucchiava ogni raggio di sole.

L'estate avanzava, ma io restavo fermo, immobile nella mia incapacità di andare avanti. Ogni giorno che passava sembrava pesare un po' di più, come se il calore del sole fosse un fardello invece che una benedizione. Mi resi conto che non potevo continuare così. La sua assenza mi aveva paralizzato, ma dovevo trovare un modo per uscirne. Dovevo fare qualcosa, dovevo uscire da quella fase di stallo.

Non avevo un lavoro, ero solo un ragazzo. Mio padre, però, mi supportava come poteva. Lui c'era stato quel giorno, aveva visto mia nonna morire, e aveva anche lui il cuore spezzato. Nonostante il suo dolore, cercava di essere forte per me. Potevo vedere nei suoi occhi la stessa tristezza che provavo io, ma lui era bravo a nasconderla. Non ne parlavamo mai apertamente, ma la sua presenza silenziosa era il mio unico conforto.

Così una mattina, al sorgere del sole, decisi di alzarmi e camminare fino alla vecchia casa in campagna, quella dove avevamo passato così tante estati insieme. La casa era azzurrina, con le persiane scrostate dal tempo, ma per me era sempre stata perfetta. Davanti alla porta d'ingresso si ergeva maestoso l'albero di ghiande, quello sotto il quale mia nonna mi raccontava storie. Quelle ghiande che un tempo raccoglievamo insieme, oggi giacevano a terra senza essere toccate.

Entrai, e il profumo del legno e della vecchia carta mi avvolse. Ogni angolo della casa sembrava sospeso nel tempo. La camera dove dormivo con mia nonna era esattamente come la ricordavo: le lenzuola bianche, il letto di ferro battuto e la finestra aperta da cui si vedevano i campi. Mi fermai sulla soglia, il cuore che batteva forte. Ogni ricordo sembrava prendere vita, come se lei fosse ancora lì, a sussurrarmi che tutto sarebbe andato bene. Ma non era così. Ora ero solo io, e dovevo trovare il modo di andare avanti, per me e per mio padre.
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