Quella mattina di venerdì notte

Nonostante l'imbarazzo, provo ad aprire il mio cassetto virtuale di racconti e iniziare a proporli qui su steemit. E' solo per divertimento, non prendetemi sul sero!

Quella mattina di venerdì notte

“Non capisco, davvero”. Fu l’unica cosa che io riuscii a dire, a quel punto.

“No, non puoi non capire!”, mi diceva. Tutto il volto rosso, e chiari segni di stanchezza. “Hai lasciato sì o no le tue cose di là?”.

“Ma di là… dove?”, ribattei.

“Di là, in casa di Gnoffo”.

“Chi cazzarola è, ‘sto Gnoffo”.

Lui si avvicinò al mio volto con fare confabulatorio. Sussurò forte: “Ma come ‘chi è’… Il padrone di tutto questo!”. Roteava il dito e gli occhi intorno, dicendolo.

“Guarda che siamo all’ospedale”.

“Eh, è tutto suo…”

“E quindi… di là…”

“Sì, c’è un letto, vai a dormire.”

“Ci sono i letti, ma…”

“E vai a dormire.”

“… ma sono letti d’ospedale…”

“E tu dormi.”

“Sono occupati!”

Un attimo di panico, occhi sgranati: “Da CHI?!”

“Come da chi?”

“Aspetta che lo dica a Gnoffo, poi gli facciamo vedere!”

“Ma guarda che hanno il diritto di…”

“Quale diritto! Chi li ha fatti entrare? Ecco, ora a te tocca stare sulla sedia!”

“Va beh, non fa niente, non importa, ero preparato.”

“Vai a casa.”

“No, ti faccio compagnia.”

“Vai a dormire a casa.”

“Ti ho detto che ti faccio compagnia.”

Stette un momento a riflettere. Poi riprese, come per effetto di un’illuminazione improvvisa.

“Perché non vai a dormire a casa! Così non devi passare la notte sulla sedia!”

“Faccio due passi qui nel corridoio, ok?”

“Hai mangiato?”

“Ma… sì, io sì, tu?”

“Io no.”

Guardai i piatti di plastica ancora sporchi sul comodino.

“Come no, e ‘sti piatti?”

“Li ha messi quella“, disse indicando una signora ricoverata nel letto accanto.

Quella protestò: “Io non ho messo niente!“. Poi guardandomi: “Ha mangiato, ha mangiato!”

“Allora hai mangiato!”

“Non me lo ricordo.”

“Ah.”

“La carne però non era buona.”

“Ah ecco, hai mangiato carne.”

“No, magari! Carne non ce ne danno mai. Un pesciaccio schifoso, altroché!”

“Ho capito… che pesce era?”

“Vai a dormire un po’ di là, dai, mica puoi stare qui tutta la notte!”

“Vado a vedere se c’è un letto?”

“Sì, vai. Gnoffo è un mangione!”

“Che c’entra?”

“La mia borsa, con tutte le mie cose, dove l’ho messa?”

“Non avevi borsa.”

Si incazzò: “Smettila! Sì che l’avevo!”

“No, non l’avevi.”

“Nera, non te la ricordi? Laccata!”

“Sì sì, cacata, come no.”

“Dentro c’erano i soldi e le sigarette. Voglio una sigaretta.”

“Non puoi fumare.”

“Ohhh! Ma tu devi smetterla, ah! Oggi ho già fumato!”

“Ma se non puoi alzarti dal letto!”

“Ho fumato in bagno. Ho aperto la finestra, e ho fumato.”

“Sì come no.”

“Chiedilo a lei – disse indicando di nuovo la signora del letto accanto -, è venuta a fumare con me.”

Quella reagì male: “Insomma, ma la vuole smettere? Io non fumo! E in ospedale non fumerei mai!“.

Si sentì rispondere: “Quant’è brutta la vecchiaia, eh?”

Io rimasi interdetto.

“Gnoffo non te l’ha dato il letto? Gli avevo detto di dartelo.”

“Mi dici chi è ‘sto Gnoffo?”

“Te l’ho già detto!”

“Va bene, ma quando l’hai visto l’ultima volta, scusa?”

“Eh, sì, pure tu, che mi vai a chiedere… Anni, ormai!”

“Allora, hai visto? Che letto gli hai chiesto?”

“Ieri sera, mentre giocavamo a carte.”

“Ieri sera eri in rianimazione.”

“Dici sul serio?”

“Eh.”

“Per questo mi fa male la testa?”

“Può essere.”

Scoppiò in una fragorosa risata, come se stessi scherzando. “Eheheheheh! Sei un cornuto, tu!“, e continuò a ridere.