Graphic Design - Spazio Bianco (Jan Tschichold)
Liberare la pagina stampata
Il motto: "non è quello ci mettete, ma quello che lasciate fuori", in relazione all’uso della pagina bianca, si applica alla grafica come alla pittura e al disegno. Nel corso del XIX secolo, i compositori di riviste e giornali riempivano ogni centimetro di spazio disponibile con il testo e, qualche volta, con immagini. L’idea di spazio vuoto o negativo era un anatema per gli editori, che rifiutavano di perdere anche un rigo della loro proprietà sul nulla. Quando divenne difficile distinguere la parte pubblicitaria da quella editoriale fu aggiunto lo spazio bianco come cornice, ma solo verso la fine degli anni ’20 del Novecento si cominciò a vedere lo spazio bianco come una risorsa preziosa.
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Jan Tschichold
Il manifesto di Jan Tschichold per la mostra del Costruttivismo del 1937, alla Kunsthalle di Basilea, è un esempio di eleganza e funzionalità nell’uso dello spazio bianco. Un soffio di aria fresca nel mondo della grafica del tempo, tanto più che derivata dalla tradizione grafica tedesca dove la scrittura gotica era compressa strettamente in blocchi di testo massicci privi d’aria. Il manifesto rappresenta la grande forza di quello che Tschichold chiamava tipografia asimmetrica, oltre a dimostrare come il vuoto possa rendere più efficace anche una veste tipografica minimale!
Il suo stile
Tschichold organizza la grafica (titolo, partecipanti, data e luogo) in un griglia stretta, l’invisibile cornice che definisce il layout, attento a lasciare precise quantità di spazio tra gli elementi tipografici. Una linea sottile che funge da orizzonte taglia la macchia di colore che illumina la parola “konstruktivisten”, che è esattamente dove si vuole attirare l’occhio e divide la pagina stessa: l’occhio usa quella linea come un piano per separare le informazioni. Il manifesto è libero da materiale estraneo, il messaggio lasciato il più possibile. Sebbene il layout appaia essenziale, la sua elegante semplicità lo rende memorabile.