IL FASCISMO E LA STRUMENTALIZZAZIONE DELLA STORIA DI ROMA
Buonasera Steemians, questo nuovo articolo affronta il rapporto tra la Roma antica e il fascismo di Mussolini, cercando di mettere in risalto gli aspetti più significativi sia a livello storico- culturale e sia a livello politico.
Buona lettura!
La sera del 9 maggio 1936, di fronte a una folla entusiasta, Benito Mussolini annunciò la riapparizione dell'impero sui colli di Roma portando a compimento l'identificazione tra impero romano e Italia fascista che aveva caratterizzato fin dall'inizio l'ideologia del movimento e ne aveva orientato gli atteggiamenti verso la politica, la cultura, la religione e la vita comune.
Qualche anno prima, scrivendo la biografia di quello che dopo quel 9 maggio sarebbe stato chiamato ''Duce del fascismo e fondatore dell'impero'', (Dux, Milano 1926), Margherita Sarfatti aveva indugiato sulla passione per la Roma antica che sempre aveva animato Mussolini fin dalla prima infanzia e sulla fascinazione che la sua storia e il suo mito avevano sempre esercitato su di lui.
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A prescindere dall'attendibilità di questo ritratto, possiamo dire, a posteriori, l'utilizzo strumentale dell'armamentario retorico e mitologico romano fu sempre, in effetti, centrale nell'ideologia fascista, nella consapevolezza dell'utilità del ricorso ai miti nella politica di massa dei regimi totalitari.
Roma forniva un ricco patrimonio di simboli e di riti, dal saluto romano al fascio littorio, dall'aquila legionaria fino all'organizzazione interna delle milizie in legioni, cui il fascismo si ispirò fin dalle sue origini facendo propria una rivisitazione strumentale del mito e della storia di Roma che nel panorama culturale italiano era già cominciata dopo l'Unità, allorché le ambizioni coloniali e la politica di potenza del nuovo stato erano state sostanziate attraverso il richiamo alle gesta e alla grandezza di Roma e alla sua missione civilizzatrice.
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Fu soprattutto l'evocazione delle glorie della Roma imperiale a sostanziare la propaganda fascista degli anni Trenta, specie negli anni che precedettero la guerra d'Etiopia, poiché il richiamo all'imperialismo romano fornì un elemento di legittimazione alle mire aggressive.
All'indomani della vittoria e della proclamazione dell'impero Mussolini assunse le sembianze di Augusto, il fondatore del primo impero romano, e salì in Campidoglio per deporvi l'alloro dei fasci, proprio come il princeps aveva fatto quasi venti secoli prima di lui.
La sua restituzione dell'Etiopia all'Italia fu vista come il completamento del progetto augusteo e il suo autore fu celebrato come un ''novello'' Augusto da un eminente romanista del tempo, Luigi Pareti, che nel suo volume I due imperi di Roma (Catania, 1938) considerò tutta la storia d'Italia come un unico svolgimento tra i due poli rappresentati appunto dall'impero di Augusto e da quello fascista.
La coincidenza cronologica fra la conquista dell'Etiopia e la ricorrenza del bimillenario della nascita di Augusto nel 1937 diede infatti ulteriore occasione alla volontà di auto-celebrazione del regime che, attraverso la glorificazione del primo imperatore, intendeva celebrare il Duce del nuovo impero.
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Come il principato augusteo, anche la dittatura mussoliniana fu giudicata una necessità storica per il ripristino della pace, di un sistema socio-politico stabile e della prosperità economica e culturale del paese.
Come Augusto, Mussolini legiferò infatti in favore dell'istituzione familiare al fine di favorire l'aumento demografico; promosse attraverso un'ampia opera di bonifica l'estensione di terre coltivabili al fine di avviare all'autarchia produttiva; valorizzò la cultura e curò l'educazione della gioventù; avviò un'imponente politica edilizia volta a migliorare l'immagine di Roma.
Il parallelo tra i due fu chiaramente evocato nella Mostra Augustea della Romanità, inaugurata a Roma al Palazzo delle Esposizioni il 23 settembre del 1937, giorno anniversario della nascita di Augusto.
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In essa, come fu scritto nel Catalogo: Tutta la vita secolare del mondo romano era contemplata dalle vicende storiche ai monumenti della vita pubblica alle testimonianze della vita sociale e privata, ma nella ricostruzione e nella disposizione dei materiali nelle sale la centralità spettava a quella dedicata al princeps, dove campeggiavano le due statue dell' Augusto guerriero pacificatore di Prima Porta e di quella di lui capite velato come pontefice massimo proveniente dalla via Labicana, a testimonianza del duplice ruolo, politico e religioso, rivestito da Augusto; ciò che rinviava senza mediazioni a quello analogo svolto dal Duce del fascismo, capo militare attento alla pacificazione religiosa, visto che, grazie alla sua iniziativa, erano stati siglati nel 1929 quei Patti Lateranensi che avevano posto fine alla Questione Romana.
Il percorso si concludeva in una sala dedicata all'immortalità dell'idea imperiale romana sopravvissuta attraverso i secoli e rinata nell'Italia fascista per opera del Duce.
All'ingresso del Palazzo delle Esposizioni, dove la Mostra Augustea era ospitata, accoglieva i visitatori una delle frasi ad effetto di Mussolini:
Le glorie del passato sono superate dalle glorie dell'avvenire.
Come ha scritto, infatti, Emilio Gentile:
L'atteggiamento di Mussolini verso Roma antica non è quello di un tradizionalista nostalgico che ha il rispetto dell'archeologo, che vuole recuperare e preservare gli antichi monumenti, per quanto possibile, nella loro integrità. Il fascismo si serve anche delle vestigia della Roma antica principalmente per realizzare la Roma fascista.
Dal suo punto di vista, a mio parere, l'avvenire è del fascismo, è vero, ma dalla Roma antica e dalle sue glorie esso recupera, materialmente e metaforicamente, tutto quanto può servire per costruire una nuova Roma.
Gli sfregi allora compiuti con spregiudicata indifferenza verso la conservazione e la restaurazione del patrimonio archeologico e storico-artistico sono tuttora evidenti, dall'apertura di via dell'Impero, per unire il Colosseo a piazza Venezia, sede del potere mussoliniano, allo sventramento dell'antico Borgo Vaticano per aprire la via della Conciliazione, sanzione visiva della recuperata unità con la Chiesa cattolica dopo gli accordi del 1929.
Altri provvedimenti urbanistici furono invece meno invasivi, ma in prospettiva altrettanto fallimentari.
E' il caso di quelli legati all'isolamento del mausoleo di Augusto, alla sistemazione di piazzale Augusto imperatore e alla ricomposizione dell'Ara Pacis all'interno di un padiglione poco distante, recentemente abbattuto e ricostruito non senza polemiche. Gli scavi del 1936-1938 liberarono, infatti, il monumento, ridotto in pessime condizioni da secoli di saccheggio, a costo della sua totale decontestualizzazione e con risultati tutt'altro che solenni, tanto che il Mausoleo fu presto ribattezzato ''il dente cariato''.
Fonti bibliografiche:
1)M. Sarfatti, Dux, Mondadori, Milano 1926.
2)L. Pareti, I due imperi di Roma, Vincenzo Muglia Editore, Catania 1938.
3)E. Gentile, Fascismo di pietra, Laterza, Roma, 2008.
Aldilà dei contenuti credo sia molto interessante provare a parlare di questo tema senza tabù e con dovizia di particolari e notizie.
Complimenti per questo.
la Storia non è tabù, e sono contento che @lecheile abbia accennato questo suo lavoro. Bravo
Vi ringranzio per aver apprezzato la tematica piuttosto delicata. Ho provato infatti, a descrivere due periodi storici piuttosto particolari e al contempo comunque interessanti cercando di mettere in evidenza i loro effetti.. Io credo che qualsiasi evento, periodo storico vada affrontato e studiato al di là dei manuali, in modo approfondito per capire meglio cosa è accaduto, e quali sono state le sue influenze sulla pshiche, sul comportamento umano. Grazie ancora!
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