Il sistema pensionistico - Pt. 3 "La perequazione"

in #ita7 years ago (edited)

Nel precedente post ho parlato del ventennio riformista, analizzando le grandi riforme che hanno tentato di rianimare il sistema previdenziale italiano e di conseguenza l'INPS.

Per chi non ha letto, ho spiegato come si è giunti ad un drastico calo del deficit tramite tutte quelle riforme che hanno innalzato l'età biologica e contributiva minime richieste per andare in pensione.

Per terminare questo excursus storico-politico bisogna però parlare della perequazione automatica delle pensioni che è l’istituto utilizzato per rivalutare le pensioni in base all'aumento del costo della vita.

L'innalzamento dell'età da solo non è stato sufficiente a ridare ossigeno alle casse previdenziali così più volte si è intervenuti su un altro parametro che riguarda il quantum della pensione, in soldoni la cifra che viene corrisposta ad ogni contribuente.

Prima di parlare della varie modifiche al sistema di calcolo della perequazione è bene ricordare che la costituzione all'art. 36 parla di <<retribuzione commisurata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa>> .
Si parla di retribuzione e a prima vista non di trattamento previdenziale, di conseguenza questo comma assume importanza solo alla luce del lavoro interpretativo-sistematico operato non solo dalla nostra Suprema Corte, ma in relazione all'ordinamento comunitario, anche dalla Corte di Giustizia Europea, che hanno riconosciuto la "pensione" come una retribuzione in virtù del collegamento che vi è con la professione svolta.

Alla luce di quanto detto il legislatore non è libero di mettere mano tranquillamente alle somme corrisposte dovendo sempre garantire un trattamento minimo sufficiente a garantire i fabbisogni essenziali, non intaccando mai il "minimo vitale" nonché tutta una serie di pensioni che in relazione ad esso sono escluse dalle riforme volte a risanare il bilancio.

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CC0 Creative Commons

Le riforme atte a modificare la perequazione automatica iniziano nel 1997, dal 1986 era garantito un adeguamento pieno sino a 2 volte il minimo, al 90% tra le 2 e le 3 volte il minimo e del 75% per le fasce eccedenti il triplo del minimo.

    - La legge 449/1997 dispone dal 1998 il congelamento della perequazione sugli importi dei trattamenti pensionistici superiori a cinque volte il minimo e che, per il biennio successivo, l’indice di perequazione doveva essere applicato nella misura del 30% per le fasce di importo tra le cinque e le otto volte; superato tale limite di importo, la perequazione non doveva trovare più applicazione.
    -La legge 388/2000 suddivide – a partire dal 1° gennaio 2001 – la perequazione in tre fasce all’interno del trattamento pensionistico complessivo e l’adeguamento veniva così concesso in misura piena, cioè al 100%, per le pensioni fino a tre volte il trattamento minimo; scendeva al 90% per le fasce di importo comprese tra tre e cinque volte il trattamento minimo; e ancora calava al 75% per i trattamenti superiori a cinque volte il minimo. La legge 247/2007 introdusse poi, per il solo anno 2008, il blocco totale sull’intero importo delle pensioni superiori ad 8 volte il minimo Inps.
    - La Legge 247/2007 dispone invece il blocco della perequazione automatica delle pensioni per un anno e per i trattamenti superiori a 8 volte il minimo.

Il blocco finisce di fronte alla Corte Costituzionale, la questione di legittimità è stata sollevata con riferimento agli articoli 36 e 38 cost. Il provvedimento di blocco della perequazione potrebbe violare il principio della proporzionalità della retribuzione (art. 36), con riferimento alla adeguatezza delle prestazioni previdenziali sancito dall’art.38 .
Si presuppose quindi che il blocco non consentisse alla prestazione di essere adeguata alle esigenze di vita. La corte costituzionale si pronuncia sostenendo che il blocco della perequazione automatica delle pensioni è legittimo perché si tratta di una sospensione temporanea, finalizzata ad un obiettivo importante (equilibrio finanziario del sistema) ed inoltre riguarda gli importi pensionistici elevati (8 volte superiore al minimo).

Con questa sentenza di rigetto la Suprema Corte stabilisce comunque alcuni importanti parametri e cioè che il blocco può essere temporaneo, che deve interessare pensioni di un certo tenore, non intaccare i principi costituzionali e sopratutto che deve essere giustificato da norme di rango costituzionale quali il pareggio di bilancio e l'equilibrio finanziario dello stato.

    -Per il triennio 2009-2011 l’aumento perequativo è stato garantito in misura piena, secondo i parametri della legge 388/2000.
    -Con la legge 214/2011 è stato invece disposto il blocco dell’indicizzazione nei confronti delle pensioni che erano di importo superiore a tre volte il trattamento minimo Inps. Le pensioni di importo inferiore sono state invece adeguate pienamente all'inflazione.

Il blocco questa volta pesante e indeterminato, solleva la questione di legittimità costituzionale con le stesse ragioni del precedente e la corte questa volta ritiene illegittima la norma per violazione del principio di proporzionalità dell’articolo 36 e adeguatezza dell’articolo 38.

    -La legge 147/2013, ha introdotto un sistema di rivalutazione suddiviso in cinque fasce, sistema prorogato poi dalla legge di stabilità 2016 sino al 31 dicembre 2018. Per le pensioni di importo fino a tre volte il trattamento minimo l’adeguamento avviene in misura piena (100%); per le pensioni di importo superiore e sino a 4 volte il trattamento minimo viene riconosciuto il 95% dell’adeguamento; per quelle di importo superiore e sino a 5 volte il minimo l’adeguamento è pari al 75%; adeguamento che scende al 50% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a 5 volte il minimo e al 45% per i trattamenti superiori a 6 volte il trattamento minimo Inps.
    -Per accogliere la censura della Corte, arrivata due anni dopo la questione di legittimità sollevata in riferimento al blocco del 2011, l’esecutivo nel 2015 è intervenuto con un provvedimento che tuttavia ha garantito una rivalutazione parziale e retroattiva solo dei trattamenti ricompresi tra 3 e 6 volte il minimo Inps lasciando sostanzialmente confermato il blocco biennale sui trattamenti superiori a 6 volte il minimo Inps. Per il futuro viene anche introdotto il principio secondo cui la perequazione automatica delle pensioni va riconosciuta in misura percentuale decrescente all'aumentare complessivo del trattamento pensionistico fino ad escluderla per i trattamenti superiori 6 volte al minimo.

Il riconoscimento retroattivo della rivalutazione solo parziale finisce per porre nuovamente la legge all'attenzione delle corte che però, modificando in parte il proprio orientamento dichiara la legittimità del blocco parziale della perequazione automatica delle pensioni di importo superiori a 6 volte il trattamento minimo INPS. Nella sentenza si parla di ragionevole bilanciamento degli interessi dei pensionati e delle esigenze della finanza pubblica. La corte in questa sentenza giudica non irragionevole il blocco del meccanismo della perequazione nel senso che trattandosi di trattamenti 6 volte superiori al minimo si ritiene che vengono rispettati i limiti di ragionevolezza, i valori e tutti gli interessi costituzionalmente garantiti.

Con questo ho concluso le fondamenta della legislazione odierna e i vari step che hanno portato al modello attuale. Prossimamente parlerò della previdenza complementare, definita il "secondo pilastro" e tenterò anche di discutere dei parametri alla base delle rivalutazioni degli stipendi che incidono su tutto il sistema.

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