Il sistema pensionistico italiano - Pt. 1 "Fondamenta e Problemi Socio-Politici"

in #ita7 years ago (edited)

Prendendo come di consueto spunto da ciò che studio, vi parlo oggi del sistema pensionistico italiano, iniziando dalle basi per poi approfondire i vari istituti messi a disposizione dallo Stato e le contraddizioni che caratterizzano anche una materia tanto delicata ed essenziale.

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CC0 Creative Commons

Lo Stato italiano eroga prestazioni a sostegno del reddito perché "obbligato" dalla Costituzione, diversamente non sentiremmo più parlare di pensioni da qualche decennio.

La nostra Carta Costituzionale prevede all'Art. 38:

"Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria."

Questa previsione da sola basta ad obbligare il legislatore a prevedere mezzi necessari alle esigenze di vita di ognuno di noi. Tuttavia, non ci si può fermare qui e bisogna anche leggere in combinato disposto all'Art. 38, l'Art. 36:

"Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa."

Può sembrare a prima vista fuori contesto, ma essendo la pensione

"equiparata alla retribuzione in quanto entrambe sono corrisposte al lavoratore per il rapporto di lavoro che lo unisce al suo ex datore di lavoro [Corte Europea causa 46/2007]"

capirete che il legislatore deve anche prevedere un minimo che garantisca un'esistenza libera e dignitosa proprio come Costituzione impone.

Esaminate le due norme cardine, per concludere una breve sintesi generale bisogna aggiungere che il sistema pensionistico italiano è basato sul sistema tecnico-finanziario della ripartizione, che trae forza da quello che viene comunemente chiamato:
"criterio solidaristico tra generazioni" .
Secondo questo sistema i lavoratori attivi producono risorse al fine di permettere all'apparato previdenziale di erogare i trattamenti ai cittadini passivi; volgarmente “i figli pagano la pensione dei padri”.
Altro sistema è quello che si basa sulla capitalizzazione dei contributi individuali.

Sentiamo spesso parlare di riforma delle pensioni e della legge Fornero con i suoi assurdi termini ma prima di affrontare le varie riforme e i vari trattamenti bisogna analizzare cosa ha portato alla loro creazione.

La causa principale che ha portato all'attuale sistema pensionistico è da rinvenirsi nel deficit del sistema previdenziale.
Deficit causato dallo scompenso creatosi in seguito a vari provvedimenti fortemente iniqui e non sostenibili. Tra le principali cause “legislative” vanno fondamentalmente menzionate:

• Le “baby pensioni”, introdotte nel 1974, le quali consentivano ai dipendenti del settore pubblico di andare in pensione con un minimo contributivo di 14 anni e 6 mesi per le donne sposate con figli, 20 anni per gli uomini dipendenti statali e 25 per gli uomini dipendenti degli enti locali. Insomma, iniziando a lavorare a 20 anni a 35 si era già felicemente in pensione.

• Le “pensioni d’oro”, che sono semplicemente pensioni ben più alte della media, che si aggirano anche sui 200 000 € l’anno e la cui nascita è rinvenibile nell'assenza di un tetto massimo sino al 1995. Non esiste un criterio univoco per stabilire se una pensione è d’oro o meno. Nel 2014 il governo ha previsto un contributo di solidarietà sulle pensioni da 14 a 30 volte superiori al minimo, ritenuto legittimo dalla consulta, quindi il linea di massima potremmo considerare queste come pensioni d'oro, senonché la Suprema Corte ha da poco concesso il blocco dell'aumento perequativo sulle pensioni 6 volte superiori abbassando notevolmente il taglio.

Oltre al chiaro squilibrio che si crea a causa di vuoti normativi o peggio legislazioni inique e poco opportune, altre problematiche sono rinvenibili nel mutamento sociale ed economico che ha interessato il nostro paese, e non solo, negli ultimi 20-30 anni.

• L’andamento negativo del mercato del lavoro, caratterizzato da una forte disoccupazione soprattutto giovanile, a causa della quale si entra tardi nel mondo del lavoro

• La proliferazione di contratti a termine e il problema del precariato i quali non consentono al lavoratore di avere una “storia contributiva” costante.

• Il calo demografico registrato dagli anni 70 in poi a cui si affianca un netto aumento dell’aspettativa media di vita. Questo porta ad un sistema in cui i pensionati sono molto più dei lavoratori attivi.

In conclusione di questo "da cosa nasce cosa" è abbastanza comprensibile perché è ormai palese che servirà del tempo prima che il sistema torni ad essere sostenibile e potrebbe addirittura non bastare la graduale riduzione delle iniquità, essendoci alla base scompensi sociali impossibili da correggere con leggi e manovre finanziarie.

Nel prossimo post farò un' excursus storico sulle varie discipline che chiarirà i diversi metodi pensionistici adottati nell'ultimo ventennio per poi parlare delle attuali prestazioni previdenziali.

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Bisognava che la costituzione prevedesse anche un'età così non avrebbero mandato la gente in pensione da morti.

Non prevede poche cose e guarda caso sono tutte sfruttate in un modo o nell'altro a nostro sfavore. Fortuna che i costituenti già a quel tempo riuscirono a scrivere una carta tanto moderna o chissà di cosa staremmo parlando!