Siate!
Provare invidia è in realtà soltanto uno dei tanti modi di manifestarsi del disprezzo di sé stessi.
Cercare ostinatamente di avere ciò che si invidia o di essere come chi si invidia non è altro che il giustificare quel disprezzo.
Tentare di ottenere da qualcun'altro quel che si invidia è solamente un trucco patetico e infantile per non sentirsi in colpa, per non ritenersi colpevoli dell'invidia. Ma la colpa non è l'invidia. La colpa è il disprezzo che si nutre per sé stessi, la colpa è il non provare nemmeno a chiedersi quale sia la vera origine in noi di quell'invidia, di quel disprezzo.
Quasi sempre è la pigrizia l'origine, la paura di scoprire che siamo capaci di azioni in un modo o nell'altro grandiose che preferiamo pensare di non essere in grado di compiere perché spaventati dalla fatica che potrebbe richiedere il compierle, perché paralizzati dall'idea di non riuscire a compierle o dal giudizio degli altri alle nostre azioni o non azioni.
Così, alla fine, il disprezzo di sé spinge ad essere come tutti gli altri, a fare il minimo dovuto nel minor tempo possibile e con la fatica minore, che è l'uguaglianza dei pigri, l'uguaglianza propria dei pezzi di per sé insignificanti di un qualcosa di più grande che si crede essere l'unico valore.
Non esiste e non esisterà mai nulla di più grande che abbia un valore, anche minimo, che non sia la somma di tanti piccoli interi completi in loro stessi e ciascuno di valore infinito. Perciò prima di credere in qualcosa di più grande si deve credere in sé stessi o quel qualcosa di più grande sembrerà l'unico vero valore di ciascuno, che è un'altra faccia dello stesso disprezzo di prima.
Ogni forma di vita è un insieme di tante forme di vita più semplici, il valore non risiede nella grandezza o nell'essere l'insieme o soltanto una parte, il valore risiede nella capacità di decidere ciò che si è, chi si è! Perciò il valore di un essere umano è la volontà dell'insieme di innumerevoli cellule prive di volontà mentre il valore di una società sono le singole volontà di tutti gli individui che la compongono. Una società non ha volontà propria, si sbagliano coloro che credono che l'esistenza di tutto abbia un fine determinato, si sbagliano coloro che credono che la storia sia un cammino inevitabile verso una unica meta. Si sbaglia Aristotele. Si sbaglia Marx. Ha ragione Socrate. Ha ragione Einstein.
Il caso non è quel che gli uomini, anche i più saggi, credono.
Il principio di causa/effetto venerato ancora oggi è soltanto la sola spiegazione che esseri ancora immaturi possono dare ad una realtà che è semplicissima ma che è invisibile, una realtà che mostra soltanto il risultato finale del suo essere.
Una volontà che si disprezza è un dio che si crede un animale, un cavallo alato che si crede un asino.
Non disprezzatevi, non invidiate. Siate!