Come in ogni circo, per ultimi sfilano i pagliacci - As in every circus, the clowns parade last [MULTILANGUAGE]

LA SOLUZIONE FINALE |
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Siamo giunti a novanta minuti dal termine della stagione calcistica più strana e surreale del calcio italiano. Due squadre, Napoli ed Inter, si giocheranno lo scudetto venerdì, distanziate di un solo punto in classifica a favore dei partenopei, opposte ad altrettante rivali che nulla più hanno da chiedere al proprio campionato.
I ragazzi di Antonio Conte ospiteranno infatti il Cagliari, già certo della salvezza, mentre gli attuali campioni d'Italia si sposteranno in pullman fino a Como, dove cercheranno gli ultimi tre punti della stagione in casa della sorprendente matricola lariana, inamovibile dall'attuale decimo posto.
Sembrerebbe scontato prevedere che entrambe le contendenti otterranno una vittoria, ma attenzione perché molto spesso in passato sono state proprio le squadre senza più alcun obiettivo concreto di classifica a favorire risultati sorprendenti e ribaltoni inaspettati.
Il Lecce 1985/86, che da ultimo in classifica e già retrocesso superò 3-2 all'Olimpico la Roma capolista, favorendo il sorpasso e lo scudetto della Juventus. Immagine di pubblico dominio
E se non bastassero i corsi e ricorsi storici a deviare il normale andamento delle cose, chi insegue può sempre sperare nel manifestarsi di una mano amica, una sorta di deus ex machina di ispirazione greca che giunga, nel momento più opportuno, a tirar fuori le castagne dal fuoco.
L'Inter è da almeno un paio di stagioni fuori statistica in quanto allo sbilanciamento, in favore dei primi, del rapporto favori/torti arbitrali e in quello falli commessi/cartellini ricevuti, dove detiene la media più bassa d'Europa.
Tutto ciò risulta talmente assiduo e codificato che la Serie A è ormai stata ribattezzata, tra le altre tifoserie, con l'epiteto semi-ufficiale di Marotta League, dal nome del presidente del club meneghino, Beppe Marotta.
L'attuale designatore arbitrale, Gianluca Rocchi. Tommaso Fornoni, CC BY 3.0, da Wikimedia Commons
Ma non basta, perché sempre ai calciatori dell'Inter sono state perdonate bestemmie a favor di telecamera e insulti razzisti rivolti ai colleghi, nonché la gravissima frequentazione di personaggi aderenti alla malavita organizzata fuori dal campo.
Per gli stessi motivi in questi giorni la società Foggia, che milita nel campionato di Serie C, è stata commissariata, ma per giocatori e dirigenti nerazzurri, anche a fronte di coinvolgimenti molto più profondi e diretti, nessuno ha chiesto più di un'ammenda.
E tralasciamo, per carità cristiana, tutti i guai contabili fatti registrare dai campioni d'Italia sotto la gestione Suning. L'Inter non ha rispettato, per almeno tre anni di fila, dal 2021 al 2024, i criteri economici minimi per iscriversi al campionato, dato che la continuità aziendale era garantita da una società fantasma, che non presentava bilanci da anni, ma ai signori della Covisoc è sempre andato tutto bene così.
Una vista dello stadio Pino Zaccheria di Foggia. Gae81, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons
Ebbene, da ieri sappiamo che, nonostante queste premesse, l'Inter ha scelto di trincerarsi dietro ad un grottesco silenzio stampa di protesta contro, questa è la motivazione, le ultime decisioni arbitrali che avrebbero danneggiato pesantemente la squadra.
Quali? Una rimessa laterale battuta, prima di un'altra rimessa laterale, qualche metro più avanti e un presunto calcio di rigore generoso fischiato agli avversari dell'ultimo match, ovvero la Lazio, capace di portare questi ultimi a raggiungere il 2-2 finale in pieno tempo di recupero.
Insomma, nel più classico dei mondi alla rovescia, quelli che dovrebbero baciare il pavimento sul quale camminano gli uomini che ancora permettono loro di giocare anziché portare i libri in tribunale, si lamenta del loro stesso benefattore. Un pieno delirio di onnipotenza: per citare un paragone piuttosto azzeccato, che gira sul web in queste ore, è un po' come se il Papa si ribellasse alla Chiesa cattolica.
L'attuale allenatore del Napoli, Antonio Conte. Clément Bucco-Lechat, CC BY-SA 3.0, da Wikimedia Commons
Senza contare l'evidente torto subito, nella medesima giornata dal Napoli, che invece si è visto annullare dal VAR la concessione di un calcio di rigore per un fallo avvenuto poco prima e che l'arbitro aveva già valutato in campo come non sanzionabile. Ma la strategia è sempre la stessa: fare rumore e lasciare il compito di amplificarlo ai media amici, come la cheerleader del "bovino".
In Italia non esiste più un codice di giustizia sportiva affidabile ed osservato in maniera equidistante. I posti che contano sono occupati tutti da uno stuolo tifosi ed odiatori, chiamati a muoversi o a non muoversi in base a simpatie o antipatie, quando non direttamente ad ordini o minacce.
E così, se un presidente denuncia le pressioni della malavita organizzata, come capitò ad Andrea Agnelli, viene considerato negligente e meritevole di almeno 30 mesi di squalifica dalla procura federale, ma se non denuncia e diventa in qualche modo complice e connivente della mafia, viene prosciolto da ogni accusa.
L'ex presidente della Juventus, Andrea Agnelli. Quirinale.it, Attribution, via Wikimedia Commons
Ma non basta, perché nel circo **Gravinaéé ne impariamo una ogni giorno: gomitate, interventi da piede a martello, buffetti o schiaffi vengono valutati sempre in maniera diversa, di solito col pugno duro per alcune squadre e con estrema tolleranza per altre.
Se a rendersi responsabili di condotte violente sono calciatori di una realtà invisa alla cricca, come Yildiz o Kalulu, il giudice sportivo assegna due giornate di squalifica, ma se per il medesimo fatto viene espulso un calciatore di un'altra, come Gimenez, la sanzione si riduce ad una.
E se poi la gomitata la tira uno del Bologna, in finale di Coppa Italia? Si passa al livello superiore e non si fischia nemmeno fallo. Un vero e proprio circo, che tuttavia, a differenza di quelli reali, ha smesso di divertire da parecchio tempo.
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