Resto in ascolto 🇮🇹🇬🇧
🇮🇹
Al rientro dalle varie vacanze di questi anni successivi alla pandemia (70/80 giorni circa complessivi all'anno) ero sicuramente soddisfatto sul come erano trascorsi i giorni ma avevo, anche in quella terminata a fine novembre, la sensazione che qualcosa nel tempo si era perso.
Ho iniziato a frequentare l'isola e Las Tunas a dicembre del 2000, sono quindi entrato nel 25 esimo anno di frequentazione.
Non scendevo dalla montagna con la piena, venivo dal mondo delle palestre e dei villaggi turistici, gli stessi mondi che ancora frequento, non e' che in queste due entita' manchino cosi' tante cose da andarsele a cercare a 9000 km di distanza.
Quindi ok...il sole, il mare, il caldo, le donne, la vacanza....tutto quello che volete voi, ma c'era dell'altro.
Era il "clima" inteso come JOIE DE VIVRE... voglia di vivere.
C'era sicuramente, ma non in modo prioritario, un po' di orgoglio politico, ero in uno dei pochissimi paesi al mondo che aveva chiuso la porta in faccia al potente vicino del nord, questo provocava orgoglio.
Era un orgoglio che sentivi nella gente in quegli anni.
Pur con tutte le difficolta', la gente sapeva di vivere in un paese che aveva qualcosa di speciale, una marcia in piu'.
Poi certo le donne...quel loro dirti dopo 5 minuti che le conoscevi cose che da noi richiedevano anni di faticosa frequentazione, sapevi che era un gioco...(lo sapevi se avevi visto un po' di mondo, altrimenti ci cascavi con tutte le scarpe) ma accettavi di partecipare al gioco.
Un orgoglio come paese manifestato ad ogni pie' sospinto; bandiere ovunque, cartelloni con slogan che sono rimasti celebri, la gente che si fermava per strada con la schiena dritta quando da qualche parte si suonava l'inno.
Erano cose a cui non eravamo abituati, l'orgoglio di essere paese.
In Italia la sinistra ha sciaguratamente regalato alla destra (che lo ha gestito malissimo) questo sentimento che invece dovrebbe essere patrimonio collettivo.
Ci eravamo abituati, a Cuba, a quella che spesso era una retorica un po' stucchevole ma che funzionava.
Sapevi di essere in una fetta di mondo che stava faticosamente dimostrando che un altra via era possibile che il capitalismo e il liberismo non erano le sole strade percorribili.
Poi vedevi Fidel.
Noi poveri italiani abituati ai nostri Andreotti, Craxi, Occhetto, La Malfa, Fanfani...
Vederi un leader vero, uno che sapeva farsi ascoltare e anche temere, a volte la gente quando parlava di lui neanche lo nominava, si toccava il mento ad indicare la "barba", non era timore (forse in qualcuno si...) era rispetto per un simbolo, un'incona, un condottiero da seguire fino alle conseguenze finali, qualunque siano.
Ti sentivi privilegiato per essere, nel tuo piccolo mondo di turista, parte di questo mondo speciale, di quest'aria che si respirava e che non c'era in nessun altro luogo al mondo.
Anche durante la pandemia ho percepito questo orgoglio, a gennaio 2021, in pieno marasma, me ne andai dall'italia, un paese con migliaia di morti al giorno per andare a Cuba dove i morti erano poche decine.
Si fecero il loro vaccino, avrei pagato una cifra importante per riceverlo invece di quel punturone stile "militare" che hanno rifilato a noi, ma non ero residente e poi, con la palestra, avrei avuto problemi visto che Soberana in Italia non era riconosciuto.
Pero' c'era l'orgoglio di tirarsi fuori dai casini con le loro forze, mentre il mondo andava a puttane.
Oggi ho l'impressione che quell'aria non ci sia piu', non voglio dire che stiamo andando in un posto qualunque, questo no, questo mai, ma non sento piu' nel vento quella certezza che mi faceva capire che ero in un posto speciale.
Non lo sento piu' nella gente, nelle cose, nelle donne, negli amici, in tutti i posti che frequento.
A volte ho l'impressione di essere in un luogo a fine corsa, una corsa che potrebbe ripartire, le potenzialita' ci sono, ma non sa bene per dove.
Continuero' ad andarci, ad amare le sue donne, a bere il suo rhum, pero' non sento piu' di essere in un posto unico al mondo.
Concludo con un episodio; tempo fa sul suo blog lo scrittore Alessandro Zarlatti manifesto' la decisione di tornare in Italia, gli chiesi perche' voleva abbandonare l'Avana.
Mi disse soltanto:"Questa citta' non mi parla piu".
Ecco, forse sto vivendo la stessa cosa, ma anche se ora Cuba non mi parla...resto in ascolto.
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STAYING LISTENING
Upon returning from the various vacations of these years following the pandemic (about 70/80 days in total per year) I was certainly satisfied with how the days had passed but I had, even in the one that ended at the end of November, the feeling that something had been lost over time.
I started frequenting the island and Las Tunas in December 2000, so I have entered the 25th year of attendance.
I did not come down from the mountain with the flood, I came from the world of gyms and tourist villages, the same worlds that I still frequent, it is not that in these two entities there are so many things missing that you have to go and look for them 9000 km away.
So ok... the sun, the sea, the heat, women, the vacation.... everything you want, but there was more.
It was the "climate" understood as JOIE DE VIVRE... desire to live.
There was certainly, but not in a priority way, a bit of political pride, I was in one of the very few countries in the world that had closed the door in the face of the powerful neighbor to the north, this provoked pride.
It was a pride that you felt in the people in those years.
Despite all the difficulties, people knew they lived in a country that had something special, an extra edge.
Then of course the women... their way of telling you after 5 minutes of knowing them things that in our country required years of tiring acquaintance, you knew it was a game... (you knew if you had seen a bit of the world, otherwise you fell for it hook, line and sinker) but you accepted to participate in the game.
A pride as a country manifested at every turn; flags everywhere, billboards with slogans that have remained famous, people who stopped in the street with their backs straight when the anthem was played somewhere.
These were things we were not used to, the pride of being a country.
In Italy, the left has unfortunately gifted the right (which has managed it very badly) this feeling that should instead be a collective heritage.
We had become accustomed, in Cuba, to what was often a somewhat cloying rhetoric but which worked.
You knew you were in a slice of the world that was laboriously demonstrating that another way was possible, that capitalism and liberalism were not the only viable roads.
Then you saw Fidel.
We poor Italians accustomed to our Andreotti, Craxi, Occhetto, La Malfa, Fanfani...
Seeing a true leader, one who knew how to make himself heard and also feared, sometimes when people spoke of him they didn't even mention him, they touched their chin to indicate the "beard", it wasn't fear (perhaps in some it was...) it was respect for a symbol, an icon, a leader to follow until the final consequences, whatever they may be.
You felt privileged to be, in your little world of a tourist, part of this special world, of this air that you could breathe and that was not present anywhere else in the world.
Even during the pandemic I felt this pride, in January 2021, in full chaos, I left Italy, a country with thousands of deaths a day to go to Cuba where the deaths were a few dozen.
They got their own vaccine, I would have paid a significant amount to receive it instead of that "military" style shot that they gave us, but I wasn't a resident and then, with the gym, I would have had problems since Soberana was not recognized in Italy.
But there was the pride of getting out of trouble with their own strength, while the world was going to hell.
Today I have the impression that that air is no longer there, I don't want to say that we are going to any place, no, never, but I no longer feel in the wind that certainty that made me understand that I was in a special place.
I no longer feel it in people, in things, in women, in friends, in all the places I frequent.
Sometimes I feel like I'm in a place at the end of the race, a race that could start again, the potential is there, but it doesn't know exactly where.
I'll continue to go there, to love its women, to drink its rum, but I no longer feel like I'm in a unique place in the world.
I'll end with an episode; some time ago on his blog Zarlatti expressed his decision to return to Italy, I asked him why he wanted to leave Havana.
He simply told me: "This city doesn't speak to me anymore".
Well, maybe I'm experiencing the same thing, but even if Cuba doesn't speak to me now... I'm still listening.
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